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RASSEGNA STAMPA
n. 1076
del 23/03/2006 UN AUTOGOL POCO ONOREVOLE
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Incidenti e arresti a San Benedetto del Tronto per l'incontro tra Di Pietro e i tifosi rossoblu sulla candidatura del presidente che sta facendo fallire il club. Soldini è stato escluso dalle liste, la squadra va avanti con l'autogestione __________________________________________________________________________ (MALCOM PAGANI) All'incontro tra il politico e il presidente non manca nessuno. Giocatori e casalinghe, portuali e tifosi. Poliziotti, tanti. Per l'occasione da Pescara arrivano in 150. Reparto Celere. Le transenne saltano in aria alle sette e venti della sera, quando Alberto Soldini, ex candidato alla camera per l'Italia dei Valori e presidente della disastrata Sambenedettese, autogestita da 25 giorni e senza stipendi da mesi, nonostante la Mercedes e tre guardie del corpo, provando a forzare il blocco, se la vede brutta. Sassi, sputi, calci e insulti. Lo stesso trattamento dell'ultima visita in città, 15 giorni prima. Soldini ripara all'interno del municipio, rosse colate di uovo scendono dal vestito. S. Benedetto del Tronto, martedì, all'imbrunire. E' convocata una riunione in comune tra Di Pietro, Soldini e la squadra, per discutere del futuro immediato, degli assegni che i calciatori non riescono ad incassare, dei problemi di oggi, dei burroni che verranno e di come l'ex magistrato avesse potuto acconsentire a una simile candidatura. Impossibile farlo in condizioni normali. Di Pietro arriva poco dopo Soldini. Sulla macchina e sugli uomini della scorta arriva di tutto, monete e accendini soprattutto. Il coordinatore regionale del partito, Dante Merlonghi, prende una bottiglia in testa. La polizia carica, durissima, ferma due persone (poi rilasciate), nella notte ne arresta un'altra per lancio di transenna. Bruciano 4 macchine, esplodono bombe carta, la vetrata centrale del Comune va in pezzi, dodici poliziotti si fanno medicare in Ospedale. Una volta entrato con fatica, Di Pietro riesce a parlare, contestato, per dieci minuti. I tifosi presenti, una settantina, gli urlano di tutto. Lui urla più degli altri e si difende con foga togata: «Soldini non l'ho scelto io!», poi se ne libera, dimenticando la burocrazia: «ritiro fin d'ora la sua candidatura». Infine blandisce la folla un po' maldestramente, «compatibilmente con le mie modeste risorse, aiuterò la Sambenedettese donando 10mila euro». La soluzione lauresca provoca fischi, Di Pietro allora lascia la sala appartandosi con i calciatori e promettendo azioni concrete. «Cercherò di convincere Soldini a portare i libri contabili in tribunale entro questa settimana, questo favorirà la procedura di fallimento e il subentro di una nuova cordata, che con l'esercizio dell'amministrazione controllata, possa salvare il titolo sportivo». I Tifosi chiedono esattamente questo, a patto che i nuovi proprietari siano indigeni. Imprenditori di porto d'Ascoli e sambenedettesi hanno fondato la «May day Spa», sembrano solidi, ce la possono fare. A Foggia e a Lanciano si riuscì nell'operazione ma il tempo corre. Il 31 marzo infatti i nuovi proprietari, già aggravati da un debito accertato di 2,5 milioni di Euro, dovranno pagare Inail, Enpals, Irpef e avere le liberatorie firmate dei tesserati, affamati da mesi. Quando i giocatori e Soldini si guardano negli occhi, anche i nervi cedono. C'è chi come Yantorno, disperato, piange a dirotto: «Mi guardi presidente. Non ho i soldi per mangiare». Chi si arrabbia e urla, come Macaluso: «Ci stai prendendo in giro. Sono andato in banca e mi hanno detto che l'assegno non aveva fondi per essere pagato». Chi mostra un assegno emesso in un istituto col conto già chiuso, come Zini. E chi è stato miracolato, come Chiurlato e i fratelli Santoni e chissà perchè si ritrova un conto in banca non più a secco. Colonnello, l'allenatore che dirige gli allenamenti grazie ai fax di un amico procuratore e domenica andrà a Cittadella, Padova, con la sua macchina, perché i soldi per il pulmann sociale non ci sono, si gira dall'altra parte. Si alternano momenti drammatici e sublimi, Soldini si supera: «Proprio lei dice queste cose De Pascale!» urla il presidente, ma il giocatore seduto si chiama Di Dio. Soldini non si risparmia. Esplora l'estremo tentativo di scatenare il tutto contro tutti, mostrando ai calciatori gli importi degli assegni, marcando le differenze, seminando veleni. Il gruppo non si spacca e stanco di sentirlo parlare, si alza. Lo lascia solo, microfono in mano, a osservare le fotocopie degli assegni, strappate e gettate in aria dai calciatori. Fuori nulla è tranquillo. Di Pietro abbandona il comune, improvvisando un comizio sulla piazza. Stringe cinque mani di numero. L'ex allenatore Chimenti lo affronta a brutto muso: «Avete candidato un impresentabile, vergognatevi». Non è aria, la polizia carica ancora. Soldini esce mesto, da una porta posteriore, ospite di un blindato della Polizia, la soluzione auspicata dai tifosi al suo arrivo con lo striscione «arrestatelo» e l'unica possibile per la sua incolumità. Ieri sera, tumulti alle spalle, Soldini, ha incontrato una cordata di imprenditori capeggiata da Vincenzo Angeloni, presidente della Valle del Giovenco, campionato di eccellenza abruzzese. Deve vendere il Colosseo, non sarà facile. Quella che doveva essere la settimana della verità, si avvia a diventare, come tutto dall'inizio di questa storia, un impasto di crudezza e illusione con un grande futuro dietro le spalle. Il Manifesto, 23.3.2006 |