Home Per conoscermi News Editoriali e Comunicati Incontri ed eventi Rassegna Stampa Archivio Foto e Video
Home page
» Home
Vi segnalo
» MORALE, COERENZA ed ETICA fanno rima con POLITICA?
Presentazione
» Per conoscermi » Miei riferimenti
News
» Editoriali e comunicati » Rassegna stampa » Notizie dal territorio » Incontri ed eventi » Calendario
Incontri ed Eventi
Da vedere
» Archivio foto » Archivio video
Contattami
» Scrivimi in e-mail » Iscriviti alla newsletter
Visita anche
» Cittadini Attivi » Marco Bovo » Davide Gobbo » Marco Coradin » Presidenza della Repubblica » Senato della Repubblica » Camera della Repubblica » Comune di Padova » Provincia di Padova » Regione Veneto » Rassegna stampa del Senato
Ricerca
» Archivio articoli
editoriale
incontri-eventi
rassegna stampa
archivio foto
archivio video
» Ricerca avanzata
RASSEGNA STAMPA
n. 1110
del 05/10/2006
«L’ITALIA DEI VALORI? HO CREATO UN MOSTRO»
indietro »

METAMORFOSI NATO IPER-GIUSTIZIALISTA, IL PARTITO DELL’EX EROE DI MANI PULITE E’ ORA UN MOSAICO A PREVALENZA DEMOCRISTIANA

_________________________________________________________________________

Oramai i commessi del quarto piano sono rassegnati. Ogni martedì, alle nove della sera, i parlamentari «dipietristi» dell’Italia dei Valori si rinchiudono nella sala della Commissione Trasporti di Montecitorio e da lì dentro, puntualmente, FUORIESCONO GEMITI, URLA, INSULTI.

Un ruolo da primo attore lo gioca spesso l’onorevole Felice Belisario, da Lecce, che una delle ultime volte si è rivolto al suo collega Stefano Pedica e gli ha urlato: «Io ti querelo perché utilizzi il nome di Di Pietro!». E Pedica, che è capo della segreteria politica di Tonino, si è rivolto alla platea: «SIGNORI, QUESTO È FELICE BELISARIO, UN I...». SEGUE UN’ESPRESSIONE POCO GRATIFICANTE.

L’ultima volta, l’onorevole Enrico Egidio Pedrini (ex Dc e ex Udeur), HA VERBALMENTE ATTACCATO IL SUO CAPOGRUPPO MASSIMO DONADI (nella foto): «IO NON TI RICONOSCO COME PRESIDENTE! TU TI DEVI DIMETTERE». Scene di ordinaria litigiosità che hanno fatto dire ad Antonio Di Pietro: «MA IO HO CREATO UN MOSTRO! QUESTO È UN PARTITO SENZA ANIMA, LITIGATE SEMPRE...».

L’Italia dei Valori - che due giorni fa è stata protagonista dell’incidente sulla riforma della giustizia - È UN PIANETA DIVERSISSIMO DA QUEL CHE COMUNEMENTE SI PENSA, SOPRATTUTTO PER CHI È RESTATO CON L’IDEA CHE IL PARTITO DI DI PIETRO SIA, GROSSO MODO, LO STESSO DELLE ORIGINI. Quello del 1998 e degli anni seguenti. Era ferocemente giustizialista quell’Italia dei Valori lì, nei principii e negli uomini; estremamente composita, quasi un patchwork l’Idv di oggi. Ma un mosaico nel quale prevale il colore meno gradito dai pietristi della prima ora, il bianco democristiano. Su 23 parlamentari, ben 10 hanno bazzicato - come dirigenti o come iscritti - nella Democrazia cristiana.

Con un effetto bizzarro sulle liste elettorali dell’Italia dei Valori che la scorsa primavera vedevano affiancate una femminista storica come Franca Rame e la signora Federica Rossi Gasparrini, capa della Federcasalinghe, vicina - a seconda delle stagioni politiche - a Giulio Andreotti, a Silvio Berlusconi, all’Ulivo. Per non parlare di un’altra coppia di opposti, lontanissimi tra loro ma ritrovatisi sotto la generosa ala di Tonino: un coerente giustizialista come Leoluca Orlando e un personaggio come Sergio De Gregorio, che nel 2006 si è candidato nelle liste dell’Italia dei Valori, tranquillamente restando vice-presidente della Democrazia Cristiana, partito piccolo ma pur sempre militante nello schieramento opposto.

E preparando le liste, Di Pietro ha avuto una particolare cura per i fuoriusciti dall’Udeur, partito sempre guardato con un certo disprezzo dai circoli giustizialisti. E l’ex idolo di Mani Pulite ha candidato anche l’ex senatore Tancredi Cimmino, già cassiere dell’Udeur, indotto a lasciare il Campanile per alcuni dissidi sulla gestione dei fondi. QUASI FATALE CHE UN MOVIMENTO COSÌ COMPOSITO SIA AGITATO DA UNA LITIGIOSITÀ SOPRA LE RIGHE.

Certo, in cima alla piramide c’è Tonino, che sui suoi ha un carisma che talora si manifesta platealmente: a Di Pietro, anche nel Transatlantico, capita di chiamare a sé un suo parlamentare, facendo con l’indice il classico gesto del «vieni qui». Certo, come racconta uno dei personaggi di maggior esperienza dell’Idv, il presidente della Commissione Giustizia della Camera Pino Pisicchio, «anche Di Pietro è diverso da quello delle origini. Al fiuto ha aggiunto anche una maggiore sapienza politica».

Ma talora nella catena di comando tra il capo e i suoi c’è qualche intoppo. Come due giorni fa al Senato. Dopo una lunga trattativa tra i due schieramenti si era giunti ad un compromesso di massima e Antonio Di Pietro, da Bologna, ha interpellato telefonicamente il suo capogruppo Nello Formisano. E per lanciare un segnale al mondo amico della magistratura, per far capire che i dipietristi non erano dentro l’inciucio, Tonino ha consigliato di «dare un segnale nella prossima votazione». Difficile capire se Di Pietro fosse stato informato che la successiva votazione non era neutra, ma riguardava un articolo molto caro ai suoi ex colleghi, coinvolgendo una delle parti più contestate della riforma Castelli, quella che riguardava i termini per optare tra la carriera di pm o quella di magistrato.

E Di Pietro, sempre più assorbito dall’attività ministeriale, sta diventando insofferente davanti alle bizze dei suoi. QUANDO METÀ GRUPPO DELLA CAMERA HA CHIESTO AL CAPOGRUPPO DONADI DI DIMETTERSI, TONINO IL CAPO HA RISPOSTO: «NO, MASSIMO RESTA. SE NE RIPARLA A DICEMBRE, MA A QUEL PUNTO VE LA SMAZZATE VOI...».

La Stampa, 5.10.2006