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EDITORIALI E COMUNICATI
n. 1145
del 26/04/2007
I COLLABORATORI DI ANTONIO DI PIETRO
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(Gabriele Vecchione)In "Massime e riflessioni" Goethe scriveva: "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, e se so di che cosa ti occupi saprò che cosa puoi diventare". Massima quanto mai applicabile alla vita, ma anche (e opportunamente) alla politica.

Pino Pisicchio, presidente della commissione Giustizia – locus dell'indulto – e membro dell'Italia dei Valori ha scritto su Il Tempo che bisogna "evitare (…) il cortocircuito tra magistratura inquirente e media… non è detto, però, che sia sempre tollerabile… Il magistrato dovrebbe sacrificarsi… accettare la sofferenza di non esporre le sue chiome e le sue motociclette, il suo nome così cinematografico, al soffice vento dei media adoranti. Ho un’idea bizzarra, ma forse neanche troppo: avremo risolto almeno la metà dei grandi problemi che ha la nostra giustizia il giorno in cui i nostri pm avranno la stessa notorietà che hanno i loro colleghi funzionari dell’ufficio delle tasse. Cioè nessuna."

Perché Pino Pisicchio, da cittadino e da presidente della Commissione Giustizia, non si adopera per porre fine al fantomatico cortocircuito? Perché non va alla Procura di Roma a denunciare gli illeciti che ha scritto, sicuramente dopo essersi documentato? Ma soprattutto: Di Pietro, voce delle istanze della magistratura nel governo, è d'accordo? E' d'accordo con il suo compagno di partito quando dice che il problema della nostra Giustizia è la notorietà dei magistrati? Probabilmente no. Ma tant'è.

Eppure Di Pietro dovrebbe essere abbastanza scottato in fatti di trasformismi e tradimenti dei suoi collaboratori. Tutti ricordiamo il caso di De Gregorio: ex paparazzo e collaboratore di Enzo Tortora e Giuseppe Marrazzo, simpatizzante del Psi craxiano, nel 2005 si candida alle regionali con Forza Italia, ma è costretto, causa retromarcia forzaitaliota, a candidarsi con la Dc di Rotondi. E' fondatore insieme a Ennio Doris, uomo d'ombra del Cavaliere, e direttore editoriale di "Ideazione", il “pensatoio” della destra italiana diretto da Gianstefano Frigerio, un ex Dc super tangentista a più riprese arrestato dallo stesso Di Pietro. Nel frattempo risuscita "L’Avanti!" di cui è direttore editoriale. E’ amministratore delegato della società che edita l’inserto campano de "Il Giornale" ed organizzatore di eventi (“Il premio della canzone napoletana”, “Orgoglio Italiano”) promossi dalle holding del piscione e trasmessi in diretta su Rete 4. Da diversi anni è presidente di un’associazione, “Italiani nel Mondo”, che promuove il made in Italy nel mondo. Nel 2006 passa con l’Italia dei Valori e diventa immediatamente senatore, oltre che direttore editoriale del quotidiano "L’Italia dei Valori". Diventa presidente della Commissione Difesa con i voti della destra, ed è fin troppo naturale che abbandoni presto Di Pietro per mettersi – come egli stesso ha detto – sul mercato. Con la conseguenza (tragica per la coalizione che lo ha fatto eleggere) di aumentare la debolezza del centrosinistra al Senato.

Alla Camera anche Federica Rossi Gasperrini ha abbandonato Di Pietro. Già sottosegretaria nel I governo Prodi, presidente di "DonnEuropee" e di "Federcasalinghe", nel marzo 2006 scrive una lettera d'amore a Di Pietro: mi candido "con l'Italia dei Valori perché ha un'ispirazione più vicina al principio di lista dei cittadini", perché ha "come principi base giustizia – legalità e tutela delle famiglie ", perché "riconosciamo in Di Pietro l'uomo che ha saputo spezzare la malefica crosta di tangenti e malaffare" e "siamo con lui perché: di lui ci fidiamo; Antonio Di Pietro si fida di noi; ha accolto il nostro programma". E l'ex pm ha fatto assai male a fidarsi di lei: già in occasione dell'indulto la casalinga federata si astiene (Idv vota contro) ed il 14 settembre passa con l'Udeur. Niente male per il maggior detrattore di Mastella.

Nel 2001 invece l'unico deputato eletto da Di Pietro non fu fedele neanche due mesi. Anzi: neanche due giorni. Valerio Carrara, per passare prima al Gruppo Misto e poi a Forza Italia, non aspettò neanche la composizione dei gruppi parlamentari. Oggi è senatore di Forza Italia e nella passata legislatura si è stato indicato come l'autore della legge sul legittimo sospetto. Quando si dice la comunione d'intenti…

Ma il vizio del tradimento è diffuso anche a base provinciale e locale: alle regionali del 2005 Di Pietro incamera un risultato assai sconfortante: appena l’1,4% su scala nazionale, superando il 2% soltanto in Molise e Basilicata. Delle 12 regioni su 14 nelle quali vince l’Unione, Idv ottiene un solo assessorato regionale, quello di Beniamino Donnici in Calabria, il quale viene presto espulso dal partito per aver formato una corrente in aperta polemica con Di Pietro.

E nel marzo 2006 nelle Marche l'ex pm fu preso a colpi di pomodoro perché aveva candidato un ortolano che firmava assegni a vuoto.

Ma non solo tradimenti. Anche pezzi più che validi persi per strada, sempre a causa di quel "genio dell'isolamento", come lo ha chiamato Federico Orlando. Elio Veltri, Achille Occhetto, Milly Moratti, Pietro Mennea, Rino Piscitello, Claudio Demattè, Luigi Bazoli, Giulietto Chiesa e lo stesso Federico Orlando docent. Alla fine, come ricorda ancora Orlando, "dei 35 parlamentari che nel ’96 gli furono vicini nella battaglia per la legalità, non ne è rimasto nessuno". E alle elezioni deve riempire le liste "chiudendo se non due occhi, almeno uno e mezzo".

Ultimamente il ministro si è fatto portatore di quella vecchia politica che tanto biasimava: Cristiano Di Pietro era poliziotto a Milano e abitava una casa della Cariplo vicina al Duomo affittata ad un canone assai basso; fu trasferito "misteriosamente" a Vasto, vicino casa, sebbene lì l'organico della questura fosse al completo; è stato eletto consigliere provinciale a Campobasso, ha incontrato il padre al ministero delle Infrastrutture ed alla fine ha commentato: "un incontro utile che ha chiarito molto riguardo alla richiesta, avanzata da un soggetto privato, di costruire un parco eolico lungo la costa molisana". Massimo Gramellini su La Stampa ha causticamente scritto: "e poi dicono che nelle famiglie italiane non c’è dialogo… Avrebbero potuto parlarne in pigiama a casa durante la colazione, ma è fuori di dubbio che nel salone di un ministero certi discorsi fanno un altro effetto. Anche su di noi, che dopo l’affondamento della Prima Repubblica dei partiti, avevamo temuto che la Seconda si sarebbe fondata sui giudici, mentre è più banalmente finita nelle mani dei clan di consanguinei". Dicevamo di quella massima di Goethe ("dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"): l'applichiamo anche a Di Pietro?

Centomovimenti, 31.3.2007