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RASSEGNA STAMPA
n. 1172
del 28/09/2007
L'ASTUTO TONINO 'IL GRILLINO' ANTE LITTERAM
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Fiuta il vento e cerca voti

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Se gli dici che è un «grillista», si offende perché lui a rimorchio degli altri non va. Antonio Di Pietro si considera antesignano fustigatore dei costumi politici, l’avanguardia, la spada dei cittadini dentro le istituzioni. Mica ha dovuto aspettare Beppe Grillo per proporre di cacciare dal Parlamento gli inquisiti, per aggredire l’indulto di Mastella, per dire che D’Alema avrebbe dovuto mettere le sue telefonate con Consorte a disposizione del gip Forleo, per sostenere che il governo Prodi fa acqua da tutte le parti.

Anche questa storia del popolo dei blog che si alza in piedi e grida «viva la democrazia diretta, abbasso i partiti», non è un’invenzione del comico: Di Pietro il blog lo usa da tempo e attraverso Youtube racconta quello che succede al Consiglio dei ministri. Ha pure comprato un’isola nell’universo virtuale di SecondLife e lì ci ha piantato la bandiera dell’Italia dei Valori. È convinto che da ministro il «Vaffa-day» lo celebra ogni giorno dentro il Palazzo, facendolo tremare quando minaccia crisi di governo e toglie la fiducia al viceministro Visco per i «comportamenti illegittimi» nei confronti dell’ex generalissimo Roberto Speciale.

E così, come faceva al Palazzo di Giustizia di Milano, anche adesso sembra essersi di nuovo tolto la giacca, allentato la cravatta, arrotolato le maniche della camicia e cerca di salire - per usare un’immagine di Eugenio Scalfari - sullo «sgabello» di Grillo. Sembra sentire di nuovo l’odore del sangue. Cresce nei sondaggi, l’unico rispetto ai frastornati partiti del centrosinistra. E ora, a differenza dell’amicizia che aveva da magistrato con il circo mediatico, mena fendenti ai giornalisti. È rimasto «molto sorpreso» dalla reazione al V-day. Sono i giornalisti i più accaniti, che descrivono Grillo come «un anticristo»: «L’evocazione delle pallottole e di un nuovo terrorismo è un gioco al massacro che non mi sta bene. Se dovesse succedere qualcosa, chi evoca le pallottole ne porterà la responsabilità».

Alfonso Pecoraro Scanio, che lo aveva raggiunto nel 1998 a San Sepolcro durante fondazione dell’Idv, è uno dei maggiori duellanti nel governo. Ora non vede alcuna continuità tra il Di Pietro dei tempi d’oro e il ministro delle Infrastrutture. «È diventato istituzionale: fa scelte sbagliate, in contrasto con il suo passato, non vede ad esempio sul Mose le tante inchieste giudiziarie, le infrazioni che solleva l’Europa... Il suo stile continua ad essere quello del bastian contrario, ma non sarà lui a far cadere il governo».

C’è chi lo conosce bene e dice di volergli bene: lo fa a modo suo, il presidente emerito Cossiga, per il quale Di Pietro è stato usato dal Pool di Mani pulite, «spremuto come un limone fino a quando gli è servito e poi buttato a mare». «E’ stato ripescato dalla politica: è più furbo e intelligente politicamente di quanto si crede. Lui in realtà è un “fascista populista”. Il partito in cui si troverebbe bene è An al quale lo lega lo spirito giustizialista derivato da Gentile e dal codice Rocco. Tutti i fascismi, anche quello di Beppe Grillo, sono populisti. Di Pietro - spiega Cossiga - è per il principio che meglio cento innocenti in galera che un colpevole fuori. Ora cerca di non farsi spremere ma deve fare i conti con vecchi volponi allevati alla scuola delle Frattocchie o nei gruppi giovanili della Dc. Lui fa un po’ il matto per difendersi, ma sui lavori pubblici lo hanno già fottutto. Poi se pensa di mettere le mani su Visco, il governo sì che cade davvero».

Uno dei co-fondatori dell’Idv, l’ex deputato Elio Veltri (nela foto), si morde le mani per aver creduto in Di Pietro. Considera una «sconfitta personale» non avere capito in tempo con chi aveva a che fare: «GIÀ ALLORA SI CIRCONDAVA DI YES-MAN, DI PERSONAGGI POCO CREDIBILI, MASCALZONI. Mi accusava di volere un partito di duri e puri, ma che la politica è un’altra cosa. Prezzolini divideva l’Italia in fessi e furbi: io sono un fesso perché in politica non accetto che ciò che si dice sia diverso da quello che si fa. Non ci si può ergere a paladino del moralismo come fa Di Pietro e poi essere socio unico dell’immobiliare “Antocri”, acronimo dei suoi tre figli, con appartamenti nel centro di Roma e di Milano che aveva dato in affitto all’Idv che pagava con il finanziamento pubblico ai partiti...». (Amedeo La Mattina)

La Stampa, 27.09.2007