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RASSEGNA STAMPA
n. 1186
del 03/11/2007 «SENATO DA INCUBO IN UN ANNO E MEZZO SONO DIMAGRITA»
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ROMA - «Il periodo più brutto della mia vita». La senatrice Franca Rame (nella foto) è affranta. Parla di questo anno e mezzo che ha passato al Senato come di un incubo. «Quel palazzo è il frigorifero dei sentimenti. Non riesci a fare amicizia con nessuno. Non ti vedono. Non ti salutano. Nessuno ti invita a bere un caffè. Conti solo per quel voto che devi dare in aula». Ma lei l' altro ieri il voto non l' ha dato al suo gruppo, l' Italia dei valori di Di Pietro. Non solo non ha dato il voto ma ha detto addio al gruppo, perché «non potevo votare a favore della società Ponte sullo Stretto, che mangia solo soldi. Neanche mi avevano avvertito. Fanno gli accordi e poi ti dicono come devi votare. Ma che modi sono?». La possibilità di chiedere la parola e intervenire non l' ha presa nemmeno in considerazione, dal momento che «i discorsi cadono nel vuoto». Insomma, nessuno ti ascolta. «Gli unici cui viene prestata attenzione sono Andreotti e la Finocchiaro. Quando parlano gli altri, è il momento della lettura dei giornali. Perfino durante il minuto di silenzio per la morte di Scoppola, molti parlavano al cellulare». NON HA NESSUNA INTENZIONE DI RIPENSARCI E TORNARE CON DI PIETRO. ANZI. NUTRE PER LUI UN BEL PO' DI DUBBI. «NON CAPISCO PERCHÉ CHIAMI IL PARTITO ITALIA DEI VALORI. QUALI VALORI? CI CHIEDE I SOLDI PER IL PARTITO. AFFITTA LA CASA A SPESE DEL GRUPPO. TROPPO ODORE DI AFFARI». Allora, stanca e delusa, dice che sta «seriamente pensando di andarmene proprio dal Senato: dopo la Finanziaria decido se dimettermi. Il fatto è che se molli, magari per un voto torna su il Berlusconi. E allora stai lì a soffrire, l' altro ieri 16 ore inchiodata in aula fino all' 1 e 30 di notte. Era venuto mio marito da Milano. Neanche ci siamo visti». Fosse stato per lei neanche si sarebbe candidata. Fu Leoluca Orlando a incoraggiarla. «Mi presi pure le lamentele di Rifondazione: come mai non con noi? Io non volevo, alla mia età, chi ci aveva mai pensato alla politica». Poi ci si mise anche Nando Dalla Chiesa a dirle che era una buona cosa. «Il giorno delle elezioni mio figlio mi annunciò che ero prima in Piemonte. Piansi per due ore sul divano. Ma adesso eccomi qua, mi ci sono ammalata, sono dimagrita, mi sento in preda a una disperata impotenza. Come Prodi, poverino. Lui vive in una galera. Un altro avrebbe mollato. Lui resiste perché se no viene il Berlusconi. Come me. Resisto, voto perfino la guerra in Afghanistan, perché se no viene il Berlusconi». (Marco Nese)
Corriere della Sera, 27.10.2007 |