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RASSEGNA STAMPA
n. 1196
del 11/11/2007 AVVOCATO DI PIETRO, SOSPESO
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INFORTUNI - L’Ordine l’ha sanzionato perché ha usato in modo improprio un testimone. Contro un amico che fino a poco tempo prima difendeva in un processo. __________________________________________________________________________ Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro è stato sospeso per tre mesi dall’Ordine degli avvocati di Bergamo, a cui è iscritto dal marzo del 1997, per infedele patrocinio. La sanzione disciplinare è scattata dopo che l’Ordine ha riscontrato la violazione dell’articolo 51 del codice deontologico, ovvero l’assunzione di incarichi contro ex clienti. La vicenda risale al marzo del 2002, quando in una villetta alle porte di Montenero di Bisaccia Giuliana D’Ascenzo, casalinga di 50 anni, viene ritrovata dalla figlia Deborah massacrata a colpi d’ascia e distesa senza vita in corridoio. Giuliana e il marito Pasqualino Cianci sono amici d’infanzia di Di Pietro. E a Montenero un omicidio così non si era mai visto. Naturale, quindi, che dopo nemmeno 72 ore l’ex poliziotto ed ex pm sia già nella villetta per un sopralluogo come difensore di parte civile per tutelare gli interessi di marito, figli e genitori della donna. Di Pietro è iperattivo. Accoglie e dà un letto al vedovo Pasqualino. Raccoglie e condivide le sue confidenze. L’uomo sostiene di esser stato aggredito da due persone che sono fuggite dopo aver ammazzato la moglie. Ma da casa non manca nulla. Di Pietro torna Perry Mason, segugio che compie indagini difensive a tutto campo. Ascolta testimoni, verbalizza ricostruzioni e verga rapporti che consegna in procura. Vuole che sia fatta giustizia per Giuliana, anzitutto, e per Pasqualino e gli altri parenti. Passa qualche giorno e la situazione muta. L’amico Pasqualino prima gli revoca il mandato e poco dopo riceve un avviso di garanzia per omicidio volontario. Per la procura è lui l’assassino. Di Pietro tira dritto e continua a difendere come parte civile gli altri familiari contro il presunto uxoricida, ex amico e ora ex cliente. Così al processo davanti alla Corte d’assise di Campobasso Di Pietro cita come teste una persona che durante le indagini difensive aveva già sentito da legale del marito della vittima, ora sul banco degli imputati. Cianci è sorpreso nel vedere il proprio avvocato trasformato in accusatore della parte civile. Anche perché l’uomo si professa innocente e giura di non aver mai toccato la moglie. Di Pietro assume un atteggiamento ondivago. Non si esprime mai sulla colpevolezza dell’amico, anzi traccia scenari: «Non sono contro l’imputato» dichiara fuori dall’aula «il mio obiettivo è trovare la verità. C’è un movente complicato, ora sono pronto a esibirlo. Sarà la soluzione del giallo. Dietro questa storia che si consuma in un paese anonimo si nasconde un grosso affaire. Riciclaggio internazionale di proventi illeciti, sono coinvolti soggetti politici nazionali e internazionali. Ho fatto aprire un secondo fascicolo alla procura di Larino, ci sono tre rogatorie. Stiamo indagando in Sud Africa, in Inghilterra e anche a New York. Questo processo potrebbe portare a una seconda Mani pulite». Cianci dalla doppia vita? Al momento decisivo però Di Pietro rinuncia al deposito delle rogatorie chieste in tutto il mondo. E della seconda Mani pulite non se ne sa più nulla. Lo scorso gennaio Cianci viene condannato a 21 anni. Sull’incompatibilità dei ruoli Di Pietro offre una spiegazione: «È stato Pasqualino che ha cambiato posizione, trasformandosi da parte lesa in imputato. Mica io». Ma l’errore nella comunità forense è di quelli da matita blu. Cianci, consigliato dal difensore Domenico Porfido, altro ex amico di Di Pietro ed ex consigliere dell’Italia dei valori, denuncia le violazioni all’Ordine con un esposto. E dopo due anni vince questo primo grado. Non si può essere parte civile in un processo contro un imputato che si difendeva nello stesso procedimento seppur in veste diversa. Nemmeno se ci si chiama Di Pietro. (Laura Maragnagi e Gianluigi Nuzzi) Panorama, 15.11.2007 |