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RASSEGNA STAMPA
n. 1235
del 16/03/2008 «MENTE, ECCO LA PROVA: A QUELL’ASSEMBLEA IO NON ERO PRESENTE»
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Il fondatore del movimento: «Mai stato a Busto Arsizio. E un fax conferma che ero a Roma» __________________________________________________________________________ Allora signor Mario Di Domenico, è sua la firma su quell’atto dell’assemblea dei soci dell’Italia dei Valori stilato a Busto Arsizio il 31 marzo 2003? «La firma è mia, ma io non l’ho messa». E com’è possibile? «Non lo chieda a me. Rivolga la domanda a Di Pietro, o alla tesoriera del partito, Silvana Mura». Lo abbiamo fatto. Silvana Mura dice che la firma è sua al cento per cento. Risata. «Ah, dice così? Bene, vi spiego il gioco delle tre carte che ha permesso a Di Pietro di approvare il bilancio, l’indomani di costituire la famosa immobiliare “Antocri”, e quindi di poter accedere ai soldi, tanti, previsti dal finanziamento ai partiti. Cominciamo dalla fine: al gip, Di Pietro ha depositato un atto che in qualsiasi altro procedimento avrebbe valenza zero. E cioè ha spacciato una mia vecchia “presa visione atti” su un’ipotetica bozza ancora da approvare, per il documento definitivo approvato dai soci “presenti” il 31 marzo. Io non solo non ho mai messo piede a Busto Arsizio in vita mia ma ho molte persone pronte a testimoniare che io “quel giorno” ero a Roma». Lo ha detto al gip quando è stato ascoltato nell’udienza camerale? «Certo. E ho pure portato le prove documentali». Quali? «Alcuni fax che da Roma ho inviato ad Antonio Di Pietro a Busto Arsizio, e che ho depositato in Procura. Vado a memoria: uno riguardava il retroscena dell’accordo appena stipulato con i partiti del centrosinistra per il candidato unico alla Provincia di Roma, Enrico Gasbarra. Un altro trattava di una diatriba che era in corso tra me e il coordinatore Gennaro Cerasuolo. E poi se ero a Busto Arsizio - come dice Di Pietro e come viene attestato su quell’atto - che bisogno c’era di fargli un fax da Roma?». Ma se quello che lei dice è vero... «Qualsiasi giudice, come ha ricordato il mio avvocato Ruggiero, per dirimere una controversia simile non si accontenterebbe mai di una fotocopia, per di più senza data. Perché l’Italia dei Valori non deposita l’originale? Dirò di più. Anche dalla fotocopia è facile scoprire il bluff: c’è la mia firma, ma non quella di Di Pietro (presidente) e della Mura (segretario). Eravamo tre soci, com’è possibile che figuri solo il meno importante, cioè io? Ai sensi di legge, poi, dovrebbe esserci il bollo notarile in ogni foglio che, stando al documento prodotto in Procura, non c’è. Eppure, in un processo collegato, il 407050/05, Di Pietro ha detto di avere tutte le scritture contabili in ordine». Perché i suoi ex compagni avrebbero fatto il gioco delle tre carte? «Ero diventato una persona non gradita avendo iniziato a criticare la gestione del patrimonio o fondo comune dell’associazione Italia dei Valori. Ecco perché non mi hanno convocato, facendo però risultare lo stesso che ero lì. Ecco. Voglio giustizia, esigo l’originale. Se poi ho calunniato Di Pietro, che mi processino domani mattina. Ma se non è così...». (GMC) Il Giornale, 5.03.2008 |