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RASSEGNA STAMPA
n. 1437
del 22/01/2009
QUESTIONE MORALE ATTO SECONDO
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Mentre sale il dissenso nel partito, l’ex pm rilancia cercando di incassare consensi. Con le dimissioni del figlio Cristiano, l’idea di sospendere dall’Idv chi è indagato e il rilancio della lista civica nazionale.

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Per evitare la questione morale Antonio Di Pietro ha in serbo un piano segreto che lo porterà alle prossime elezioni europee. Il progetto si divide in tre fasi: incassare subito i consensi e ricompattare l’Italia dei valori con le dimissioni del figlio Cristiano, scivolato per le raccomandazioni al provveditore Mario Mautone. Sollecitare la sospensione di chi è indagato dalla magistratura napoletana, come il deputato Amerigo Porfidia, sotto inchiesta per storie di camorra. Infine il colpo a sorpresa, anticipato nell’ultimo esecutivo nazionale prima della pausa natalizia: andare oltre l’Italia dei valori e lanciare la lista civica nazionale, rispolverando un progetto caro a Oliviero Beha, a Elio Veltri, ai girotondini, ai figli di Beppe Grillo, insomma a tutta l’ala più movimentista del partito.

Il piano prevede interventi chirurgici per asportare l’infezione che dalla Campania può divorare il partito. Ma è succube del lavoro della procura, di quello della Dia di Napoli e anche dei malumori che si stanno ingrossando nel partito.

Come quello espresso da Franco Barbato, deputato dell’Idv a Napoli. Ruvido, furibondo, Barbato annuncia una mossa: «Mi sospendo dagli incarichi dell’Italia dei valori in Campania» anticipa a Panorama «perché qui nel partito spuntano i camorristi, strane facce, gente alla quale io nemmeno stringerei la mano. Questo è il primo passo. O facciamo pulizia o me ne vado».

Le dimissioni di Cristiano Di Pietro non lo fanno arretrare di un centimetro. «Ma che vuole che sia la storia di Cristiano... Rispetto alle grane che abbiamo è una pagliuzza. Corriamo il rischio di diventare il partito taxi su cui salgono quelli che vogliono rubare, arraffare, farsi i fatti propri. Io che sono il guardiano del dipietrismo in Campania dico che i conti nell’Idv non tornano. Ma le pare che quando riapre la Camera mi debba sedere a fianco del collega di partito Amerigo Porfidia, indagato per camorra dal brillante e coraggioso pubblico ministero che conduce le inchieste sui Casalesi?».

Barbato compulsa i segnali della procura di Napoli. Che sono sempre più negativi. Ancora qualche approfondimento ed emergeranno nuovi filoni dell’inchiesta partita dall’ex provveditore alle opere pubbliche della Campania Mautone.

Sembra profilarsi un «sistema» che si sovrappone e si intreccia a quello dell’imprenditore Alfredo Romeo. Mautone imbarazza non solo per i suoi rapporti con Di Pietro jr, ma anche per le telefonate con il capo della segreteria ministeriale del leader dell’Italia dei valori, il sorrentino Nello Di Nardo; con il senatore Nello Formisano, numero uno dell’Idv in Campania, per piazzare amici, decidere nomine, insomma fare la politica indigeribile per chi vede in Di Pietro l’alfiere della legalità. Come quando il 30 agosto 2007 il senatore confida al provveditore: «È quasi fatta per Iadevaia», che secondo gli inquirenti doveva sostituire Mautone.

C’è quindi da star certi che a Napoli l’inchiesta seguirà il crescendo di certe indagini ambrosiane di memoria antica. Come nei botti di Napoli, l’ultimo colpo sarà il più assordante. I magistrati mirano proprio ai piani intermedi del palazzo dell’Italia dei valori, tirato su in fretta sull’antiberlusconismo di bocca buona, reclutando pletore di quadri, di consiglieri, di ex dc campani, nella fretta e furia del partito nato in famiglia, che cresce ben oltre le aspettative e rischia di raccogliere di tutto. E saranno pure tutti incensurati i prescelti, come certifica il leader, ma alcuni potrebbero esserlo solo perché in Italia la giustizia non funziona. Questo si sospetta dentro e fuori la procura napoletana.

Di Pietro prima ha firmato ai suoi il foglio di via per l’amministrazione di Antonio Bassolino, poi ci ha ripensato imponendo il contrordine. «Nessuno sa come andrà a finire» afferma un senatore del partito «meglio stare uniti e non litigare ora con Walter Veltroni».

Figurarsi se le onde sismiche giudiziarie sfuggono proprio all’ex pm, su un’inchiesta che già a luglio era piegata dalle fughe di notizie proprio quando Cristiano butta giù il telefono con Mautone per salvare il salvabile. Di Pietro senior cerca di soffiare via i sospetti, ammette ora di aver saputo qualcosa, qualche anticipazione dalle agenzie di stampa, che però non avevano diffuso un rigo di notizia.

Papà Di Pietro spera quindi che il figlio e le raccomandazioni vengano dimenticati in fretta per concentrarsi sulla crisi vera. Ma se Montenero assomiglia a Ceppaloni, tra damigiane d’olio, cassette di salsicce, formaggi e curriculum vitae, è anche colpa sua. Troppo facile biasimare oggi il «Bamboccione», come Cristiano è soprannominato nel partito.

Volto e modi rustici, il consigliere provinciale di Campobasso tra favori ai favoriti e spintarelle è cresciuto da quando portava le braghe corte. La Cariplo nel 1993 gli passò la casa a 240 mila lire mensili di pigione nella centralissima via Andegari a Milano. Non certo per meriti personali. Giancarlo Gorrini, un amicone di papà, abbracciandolo lo assunse alla Maa assicurazioni prima della bancarotta.

Da poliziotto Cristiano Di Pietro venne aiutato con il trasferimento a Vasto (Chieti) nel commissariato più vicino alla masseria, secondo quanto tuona Maurizio Gasparri, incassando l’annuncio di una querela. Ora dal cratere giudiziario salgono voci e rumori che gelano l’Idv. Non si tratta di ceppi e manette, ma di urla giacobine. (Gianluigi Nuzzi)

Panorama, 8.01.2009