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EDITORIALI E COMUNICATI
n. 1473
del 12/11/2011
SE NON STIAMO CON TONINO, RESTIAMO SENZA PANINO
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“Bravo Di Pietro, bravo! Noi non t’abbiamo votato ma tu vai avanti così!…” così il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, dal palco della 6° festa nazionale svoltasi a Vasto (CH), descrive il suo cruccio politico. E’ la famosa storiella del distributore di benzina di Teramo dove sostava un pullman di trevigiani diretto da Padre Pio. Riconosciutolo, lo hanno acclamato ed incoraggiato ma anche politicamente sconfortato. Una IdV che vorrebbe far diventare “partito di massa” e che invece stenta in questo senso ad affermarsi così come i sondaggi testimoniano (TG LA7 - 12.9.2011): un partito in forte regressione (-3%) rispetto al voto delle ultime elezioni europee. “Ma non vorrei che poi fosse meno, meno, meno…” conclude la frase l’ex magistrato di Mani Pulite, gesticolando con forza, “perché, in politica, i numeri contano!”. Eppure molti sono stati i suggerimenti al dilemma politico del Tonino nazionale sorti in questa tre giorni settembrina che, tra le tante feste di partito in corso, ho scelto come potenziale laboratorio politico autunnale. E’ così infatti è stato: solleticati da mitraglia “Chicco” Mentana, Bersani (a denti stretti), Vendola e Di Pietro, di fronte ad un numeroso pubblico, hanno (ri)fondato un “Nuovo Ulivo”, coalizione elettorale a tre nel centrosinistra ma, precisano, “senza steccati”.

Dicevamo dei suggerimenti. Inizia Marco Travaglio che, rivolgendosi a Di Pietro, gli chiede perché IdV e tutta l’opposizione, utilizzando gli strumenti legali che la democrazia mette a disposizione (“ad esempio chiedendo continuamente la verifica del numero legale”) non bloccava il Parlamento inducendo così il Governo a dimettersi e ponendo così fine a questo lento e strisciante suicidio delle Istituzioni, invito gentilmente declinato da Di Pietro “perché io – risponde - da uomo politico ho il dovere d’impedire l’occupazione delle Istituzioni” appoggiato in questo dall’on. Silvana Mura che, dalla prima fila, con un eloquente gesto della mano, disapprovava la “travagliata”. Sul viso di Travaglio, visibile, si coglie la delusione.

Anche Sonia Alfano contribuisce suggerendo al Presidente, dal palco, che sarebbe ora di fare un po’ di pulizia all’interno del partito, oggi più che mai “scilipotato” (“nel partito deve mancare l’aria per lo scilipotismo”), recuperando quelle persone perbene che, negli anni, per sete di potere e poltrone, sono state cacciate dai cosiddetti “professionisti” della politica, piombati in IdV, dal 2005 in poi, da ogni partito, perfino dall’odiato Udeur. Anche allo stesso Di Pietro, nel corso del dibattito, sorge il dubbio di avere commesso qualche errore: “Dobbiamo tornare al movimentismo della prima Italia dei Valori..”, dice al microfono, rinnegando così il passaggio al modello partito avvenuto nel 2006. Non passa poi inosservato il richiamo all’unità che la conduttrice, Lea Del Greco, fa dal palco ad alcuni alti dirigenti di partito non (volutamente?) presenti, evidenziando così l’esistenza di un “dissenso” politico interno.

Non da meno è il neosindaco di Napoli Luigi De Magistris che, accoratamente, enuncia la sua linea politica fondata sul superamento di vecchi schemi, ormai logori, della politica: “La politica (in questo smentendo la teoria dipietrese) non è sommatoria di numeri, noi dobbiamo andare oltre, oltre l’Ulivo, oltre l’Unione, oltre al ‘questo sì, questo no’, oltre anche a Berlusconi… dobbiamo recuperare un contatto diretto con la gente, parlare dei loro problemi…”, in questo sostenuto da scroscianti applausi e rubando la scena al suo Presidente come il giorno prima aveva fatto Nichi Vendola. E lui, l’ex pm di “Why Not”, a Napoli ha dimostrato che sì può fare: “Se Di Pietro vuol riformare il sistema, io invece, al contrario, penso di rivoluzionarlo…”. Anche il vicino Circolo IdV di Termoli, mentre Di Pietro arringava i militanti a conclusione della festa, contribuiva alla riflessione: in una nota ufficiale definiva “Antonio Di Pietro come Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, accomunati dalla stessa concezione familistica e privatistica della politica”, reo, l’ex pm, di aver candidato, come consigliere regionale in Molise, il figlio Cristiano.

“Se non stiamo con Tonino, restiamo senza panino!” urla un anziano militante mentre, con il mio bloc notes, esco da Palazzo D’Avalos. I militanti, secondo loro, una cosa l’hanno capita. E lui avrà compreso quanto, in tanti, gli han ripetuto al microfono?

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copyright © settembre 2011

Armando Della Bella, giornalista iscritto all'Ordine