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RASSEGNA STAMPA
n. 2172
del 19/06/2007
VELENI E FURBETTI
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Annunciate per giorni nel grande mercato italiano delle voci e dei veleni, le intercettazioni telefoniche legate al caso Unipol e all'estate dei "furbetti" sono infine diventate pubbliche, con la formula obliqua per cui gli avvocati possono leggerle ma non fotocopiarle. Il risultato è un gigantesco passaparola - un meccanismo che non è né garantista né garantito - che ha diffuso nomi, cognomi e verbali, in una tempesta che non è giudiziaria, ma politica.

In attesa di conoscere bene le carte, tutte, tre risultati ci sembrano chiari in una vicenda ancora per molti aspetti oscura, come quella dell'assalto al cielo della finanza da parte di Fiorani, Ricucci e Consorte, con la benevola protezione del Governatore Fazio, nella strana estate italiana di due anni fa.

Il primo è che la legge è scritta malissimo, e consente ai magistrati di interpretarla a piacere subordinando la privacy ad altri interessi: dunque la legge ha fallito il suo scopo.

Il secondo è che almeno per il momento non c'è nulla di penalmente rilevante per gli uomini politici coinvolti nelle intercettazioni, e infatti la magistratura non ipotizza alcun reato: e tuttavia la stessa magistratura, autorizzandone la conoscenza, innesca un caso politico-mediatico di grande portata, che rischia di incidere sui fragili equilibri tra maggioranza e opposizione, e dentro la stessa maggioranza.

Il terzo risultato è la conferma di un rapporto molto intimo e dunque del tutto improprio tra il gruppo dirigente Ds e Consorte nel momento in cui Unipol è parte in causa in un'aperta contesa di mercato, con legami che portano fino a Fazio, Fiorani e ai "furbetti".

Questa storia dei verbali ha molti aspetti che non convincono, dunque: ma non sarebbe mai nata, con le speculazioni che ne derivano, se la sinistra ex comunista avesse un'idea più chiara e trasparente del mercato, abbandonasse le vecchie cinghie di trasmissione e la tentazione naïve di crearsi ogni volta un capitalismo a propria immagine e somiglianza: capendo infine che Gramsci e Ricucci, anche in tempi di eclettismo, non possono stare insieme. (e. m.)

La Repubblica, 12.6.2007