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RASSEGNA STAMPA
n. 2228
del 25/07/2007 MENZOGNA E VERITÀ
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La storia dell'umanità è piena di impostori illustri. Dai falsari nel campo dell'arte ai leader politici che spacciano illusioni ________________________________________________________________________ (Thomás Eloy Martínez) - ORMAI É LA NORMA: NEI mesi che precedono le elezioni, i leader politici presentano agli elettori i loro cataloghi di illusioni. Spesso si tratta di promesse nazionaliste o populiste che accendono i sentimenti della maggioranza dei cittadini. Poche di queste promesse vengono mantenute, perché sono solo l'espressione di un desiderio o tranelli dell'immaginazione che ingannano solo i più incauti. Tutte finiscono presto nel dimenticatoio. Ma non sono illusioni inoffensive. Alcune hanno causato disastri e stragi, come gli inesistenti arsenali iracheni di distruzione di massa, che hanno provocato una guerra infinita e una forte recessione dell'economia statunitense. Altre sono cominciate con paroloni - rivoluzione, liberazione, indipendenza - dietro cui si nascondevano dittature, corruzione e crimini. L'arte di solito è un eccellente antidoto contro questi inganni. Pochi mesi fa è riuscito in dvd un film poco conosciuto di Orson Welles del 1973, F come falso. Verità e menzogna. Come tutte le altre opere di Welles, anche questa non presenta alcun intento pedagogico o morale. È solo l'implacabile riflesso di un'epoca di confusione come quella di trent'anni fa e come quella attuale. Il film si apre sui binari di una stazione avvolta dalla nebbia, dove un mago trasforma le monete offerte dai passeggeri in chiavi di sabbia, stelle filanti e angeli di cotone che si disfano quando qualcuno cerca di toccarli. Mentre una donna eterea cammina tra le valigie, la voce sepolcrale di Welles esalta la nobiltà della menzogna rispetto alla miseria della falsificazione, prima di spiegare cosa le distingue in tre storie. Nella prima parte, il capo della polizia segreta dello zar concepisce un libro paranoico, i Protocolli dei savi di Sion, per giustitìcare i folli pogrom russi dell'inizio del novecento. La seconda parte è una Laboriosa intervista del biografo falsificatore Clifford Irving al falsificatore di quadri Elmvr de Hory. I due parlano ai tavoli da gioco di Las Vegas, sul London bridge e in un magazzino non meglio identificato di Ibiza, tra innumerevoli quadri di Matisse, Braque e Van Gogh, tutti ovviamente falsi. L'ultimo inganno è autobiografico: Welles mostra se stesso nel 1938, mentre terrorizza i contadini del Midwest americano con la sua versione radiofonica della Guerra dei mondi. Sia il documentario che racconta la mistificazione sia i reportage sui contadini in fuga e gli automobilisti paralizzati sulle strade dell'Ohio sono fatti di immagini di repertorio, filmati girati da altri. foto truccate e acrobazie elettroniche. Sullo sfondo di un orizzonte allucinato Welles spiega, con la sua meravigliosa voce sotterranea, che la menzogna è il fine di qualsiasi espressione artistica, mentre la falsificazione è solo un mezzo per fare soldi, una citazione del saggio di Oscar Wilde "Decadenza della menzogna". Gli impostori famosi abbondano nei reami dell'arte, dove hanno moltiplicato i chiaroscuri di Rembrandt, i colli di cigno di Modigliani e gli scritti postumi del marchese de Sade. Ci sono città ed enciclopedie false ma verosimili, come ben sanno i lettori di Marco Polo, di Calvino e di Borges. Ci sono santi falsi come quelli che immaginava Gonzalo de Berceo all'inizio del Duecento, quando cercava di attirare i pellegrini nel suo convento di San Millàn per accaparrarsi le loro elemosine. Ci sono fotografie di mostri inesistenti, come quelle racchiuse in un bellissimo libro intitolato "Freaks", di Leslie Fiedler, in cui si vede un bambino indù dalle cui spalle spunta un altro bambino parassita, e un uomo con quattro piedi, muniti di altrettante eleganti scarpe. Ma le falsificazioni sono ancora più abbondanti nei feudi della politica, dove le statistiche variano a seconda degli interessi del potente di turno. Così la miseria, l'alcolismo e la violenza urbana diventano fenomeni meno gravi a Caracas, e a Tucumàn che non a Riga o ad Amsterdam. Perfino il linguaggio miete le sue vittime, e ci sono frasi indissolubilmente legate a personaggi che non le hanno mai pronunciate. Una delle più famose "Elementare, Watson", di Sherlock Holmes, che non compare in nessuno dei quattro romanzi e dei 57 racconti scritti dal suo creatore, Arthur Conan Doyle. La frase fu inventata nel 1939 dall'attore sudafricano Basil Rathbone durante le riprese del film Sherlock Holmes e il cane dei Baskerville, e da allora è rimasta attaccata al famoso detective con più forza della sua pipa e del suo violino. Lo stesso vale per la famosa massima attribuita a Voltaire: "Non sono d'accordo con quello che dici, ma sono pronto a difendere con la mia vita il tuo diritto a dirlo". Questa frase comparve per la prima volta in un libro di Evelyn Hall intitolato The friends of Voltaire (1906). Nonostante si trattasse chiaramente di un falso, continua a essere riproposta con la firma del filosofo francese in tutti gli appelli per la difesa della libertà di pensiero. La falsa zarina Il purgatorio delle opere (e delle vite) immaginarie è nutrito quasi quanto quello della verità. Il cinema ha raccontato più volte la storia della truffatrice Anna Anderson, morta trent'anni fa cercando di convincere il mondo che era Anastasia, una delle figlie dello zar Nicola II. La credulità della gente e le ambiguità della storia le permisero di sostenere questa bugia fino alla fine, riuscendo a camparci con un certo agio. La lista delle mistificazioni è infinita. Alcune sono così evidenti da meritare una menzione a parte. Tra le più famose c'è quella dell'olandese Hans van Meegeren, che studiò con così tanto impegno e talento le tecniche di Jan Vermeer, uno tra i più importanti pittori della scuola fiamminga del seicento, da riuscire a creare, tra il 1936 e il 1942, sette capolavori inediti che gli esperti attribuirono a una fase giovanile del maestro. Una di queste, "Cristo a Emmaus", accostava con maestria alcuni elementi delle prime opere di Vermeer - caraffe di vino, teste. mani e piatti - disponendole in maniera così innovativa che mezza Europa restò senza fiato di fronte a questa scoperta. Nessuno fu in grado di capire che Van Meegeren era un falsario. Per ironia della sorte, toccò a lui stesso confessarlo. Alla fine della seconda guerra mondiale. la polizia olandese lo arrestò per aver venduto al nemico opere che appartenevano al patrimonio nazionale. Poiché rischiava di essere condannato all'ergastolo, Van Meegeren scelse di denunciarsi come falsificatore, un reato meno grave del collaborazionismo. Per dimostrare che non mentiva dipinse un ultimo Vermeer nella sua cella: il migliore di tutti e l'unico che fu distrutto. Meno patetica è la storia del francese Vrain-Denis Lucas, che diventò ricco vendendo una collezione di ventisette autografi di Cristoforo Colombo, Carlo V, Dante. Carlo Magno e Giulio Cesare, tutti ovviamente falsi. Tre gioielli della sua collezione bastarono per assicurare a Vrain-Denis Lucas l immortalità, non negli annali dei collezionisti ma nei più temerari domini della falsità, dove tutto è possibile: una lettera di Socrate ai suoi discepoli prima di bere la cicuta; un racconto di Lazzaro sui prodigi del paradiso, scritta dopo essere resuscitato; una confessione pentita di Maria Maddalena alla comunità di Gerusalemme. Secondo l'enciclopedia britannica, sarebbe stato quest'ultimo testo a tradire Vrain-Denis Lucas, perché il falsario, ormai troppo borioso, lo scrisse in francese. La storia della politica argentina è piena di bugie che perdono velocemente il loro splendore davanti al bagliore della realtà. La patria socialista dell'ultimo Perón, la vittoriosa riconquista delle Malvine, la parità tra peso e dollaro voluta dal presidente Carlos Menem, dal ministro Domingo Cavallo e dal presidente Fernando de la Rúa sono stati alcuni dei miraggi che hanno risucchiato il paese in abissi da cui non è stato facile risalire. Fin dall'inizio dei tempi, l'uomo ha inventato bugie da far vivere e subire agli altri, proprio come la vita inventa realtà che, spesso, finiscono per trasformarsi in bugie. Internazionale, 11.05.2007 |