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EDITORIALI E COMUNICATI
n. 2514
del 22/06/2010 MAREA NERA
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Trecentoottanta milioni sono i litri di greggio che dal 20 aprile 2010, giorno in cui esplose nel Golfo del Messico la piattaforma petrolifera della BP, si sono dispersi in mare al ritmo di 2,2 milioni di litri al giorno, quasi 60mila barili, una petroliera ogni quattro-sei giorni: il peggior disastro ambientale della storia. Numerosi sono stati i tentativi operati dalla BP fino ad oggi a 1500 metri sotto il livello del mare per arginare la fuoriuscita del greggio, ma invano. Solo da pochi giorni sembra che un “tappo” di diverse tonnellate, collegato ad un tubo che veicola su una nave oltre 16.000 barili di greggio al giorno, abbia ridotto la dispersione in mare del famoso “oro nero”. Non si contano più le specie animali e vegetali definitivamente compromesse dalla marea nera che tutto copre e soffoca nel nome del “dio denaro”. Per non parlare dei morti che l’esplosione o le operazioni di soccorso hanno provocato e gli incomprensibili suicidi che in questi giorni si stanno succedendo. E noi, con le nostre fabbriche, con le nostre automobili e con le nostre motociclette continuiamo ad alimentare questa perversa spirale di morte. Aumentiamo il livello dell’inquinamento atmosferico, innalziamo le drastiche conseguenze sulla salute pubblica derivante dagli effetti del cosiddetto “effetto serra”, persistiamo nell’impoverimento delle risorse del pianeta, nella distruzione di numerose specie animali e vegetali, nell’alterazione dell’equilibrio idrogeologico di questo nostro mondo. Il petrolio non è, oggi, l’unica fonte energetica disponibile. Una grossa spinta, anche nel nostro Paese, sta subendo la produzione di energia nucleare, altra fonte energetica che potrebbe minare la salute del nostro pianeta. Senza ricordare le preoccupazioni che la pervicace ambizione al nucleare di Iran e Corea del Nord stanno sollevando (chissà perchè?) al mondo intero, giova ricordare che, nel protocollo di Kyoto, il nucleare è stato escluso dalle tecnologie che servono alla riduzione dei gas serra e non è lontano il ricordo di tragedie quale il disastro di Chernobyl del 1986, di Three Island, negli USA, del 1979 o di Takinura, in Giappone, del 1999 o quello ancora della centrale francese di Tricastin del 2008 che causò la fuoriuscita di circa 30mila litri di acqua contaminata radioattiva. «La tragedia che ha toccato le nostre coste è un richiamo doloroso e forte per farci capire che è giunto il tempo di adottare le energie pulite per il futuro e di lanciare una missione nazionale che liberi le potenzialità dell’innovazione americana prendendo in mano il nostro destino» questa è la sfida che Barak Obama lancia alle multinazionali, alle potenti lobby economico-finanziarie del mondo intero. Il presidente USA dimostra, oggi, tutta la sua impotenza di fronte ad un fenomeno che, ormai, non è più governato dall’uomo ma che l’uomo stesso, nella sua cupidigia e stoltezza, ha creato. La costituzione di un fondo da 20 miliardi di dollari destinato ai risarcimenti dei singoli e finanziato da BP, la garanzia che questo capitale sarà gestito dallo stesso ente che si occupò di gestire i risarcimenti della tragedia delle “Torri Gemelle”, un’istituzione perciò di grande serietà e trasparenza, sono, per ora, i successi ottenuti dal presidente oltre all’impegno a chiudere la falla entro la corrente estate. Ma, qui da noi, la stessa cosa come sarebbe andata? Beh, forse, molto probabilmente avremmo dato la notevole cifra in gestione ad un protettorato o, meglio ancora, ad una “cricca” che avrebbe poi provveduto ad una non più ricostruibile distribuzione del denaro, avremmo operato in emergenza senza limiti e controlli magari facendoci anche due risate sopra, avremmo gestito appalti, case, ville, appartamenti, prestazioni fisioterapiche, atti notarili e quant’altro si rende sempre utile fare in queste situazioni. Che ci volete fare… Noi italiani purtroppo, cantava Cristina D’Avena, siamo fatti così!
Armando Della Bella |