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EDITORIALI E COMUNICATI
n. 976
del 30/06/2005 COME SONO ANDATO, SONO ANDATO BENE ?
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Quello che è avvenuto in Lombardia e a Milano, cari amici, è avvenuto pressoché dappertutto. Dovunque, nel Paese, là dove prosperavano energie e disponibilità, sono stati privilegiati camarille, acefali, buoni a nulla e badavla (in lumbard ma in “lingua” parlatori a vuoto). Vero che, a guardare bene le cose, non è che Di Pietro abbia mai realmente inteso di privilegiare le teste fini. Se eri capace di partecipare a tavoli per la raccolta firme, meglio se sapevi organizzarne uno o due, questa è sempre stata la sua proustiana “recherche”. E molti si sono illusi che, prima o poi, ne nascesse qualcosa di più. Oggi sappiamo che non ne aveva la minima intenzione. Gli serviva una forza lavoro, da mobilitare a piacere come usa il caporalato con gli immigrati, per dimostrare di esistere. Idee poche ma precise (chi non riconosce la necessità di perseguire, almeno a parole, legalità e giustizia ?): ma una convinzione solida e determinata, fare “ammuina” così che gli altri partiti fossero costretti ad accettare la sua presenza al tavolo di comando. Se guardiamo le cose e gli avvenimenti da questo punto di vista, vedremo che Di Pietro non ha mai fatto promesse più di tanto. Non si è per nulla lasciato andare, ha soltanto fatto correre la fantasia di ciascuno, nella consapevolezza che i cavalli avrebbero dato il massimo comunque perché gli ideali sono la droga più straordinaria che ci sia, oltre a non costare nemmeno un euro. Battaglie sul territorio? Inutili. Tavoli di raccolta firme, ecco tutta la strategia del nostro, utile alla sua smisurata sete di apparire. Grande magistrato, politicamente un mistero gaudioso, una frana nei rapporti umani. Questo il leader che la gente normale, pur a malincuore, ha con il tempo imparato a capire e correttamente punito fino a cancellarlo quasi dal panorama della cosa pubblica. Più cresci perché fai, più produci organizzazione e consenso, più sei pericoloso. Guardate il caso di Ivan Rota. Credo a nessuno come a lui Di Pietro debba la straordinaria performance che nel 2001 consentì al movimento di presentarsi alle elezioni in quasi tutti i collegi. Un risultato colossale. Una eccellente dimostrazione di capacità, dedizione, intelligenza. Sapete tutti che cosa è accaduto. Gli si è fatto il vuoto attorno. Si è commissariata la Lombardia nella quale era stato regolarmente nominato coordinatore. Senza una ragione che sia una. Ovvero: certo che la ragione c’é. Faceva ombra. Se siete grigi ed inutili, se parlate poco, se poco conoscete ma disponete di un’auto per andare a riceverlo all’aeroporto, farete carriera. Di Pietro non è Cartesio: lui preferisce “pensi ? ergo devi andartene” Tutto questo tanto per togliere qualche sassolino dalle scarpe. Ma c’è anche il futuro. Se Di Pietro comprendesse come e quanto abbia necessità di supporto e consiglio, le cose potrebbero cambiare. Se si facesse da parte e, come Elisabetta in Inghilterra, regnasse da icona su di un partito rinnovato con una rifondazione dal basso, si potrebbe ricominciare. Se si astenesse da posizioni suicide e contrastanti (stare con Prodi e concorrere per le primarie), se facesse punto e a capo e recuperasse ciò che ancora è recuperabile, se modificasse l’atteggiamento invitante alla piaggeria “come sono andato, sono andato bene ?” ogni qualvolta esce da un set televisivo, se sapesse guardare negli occhi e non sfuggisse sempre, se si liberasse di quel monstre che lo attanaglia e lo divora e che si chiama egocentrismo, se cominciasse infine a pesare donne e uomini non perché gli telefonano sovente ma perché operano e bene rappresentano le pulsioni della democrazia e della legalità sul territorio, forse la battaglia non sarebbe persa. Invece di finire sulle prime pagine dei quotidiani perché un dirigente del partito ha autenticato firme false, si potrebbe cercare di ricostruire dal di dentro del movimento, tutti insieme. Ma non vi è strada da percorrere se il nostro non cambia. Questo è quanto volevo comunicarvi. Metto a frutto l’occasione per farvi avere la dichiarazione letta nell’aula del Consiglio Comunale di Milano il 20.9.04 quando lasciai il Gruppo IDV. Adriano Ciccioni - Consigliere Comunale a Milano |