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EDITORIALI E COMUNICATI
n. 978
del 20/10/2005
LA DIASPORA POLITICA NELL’IDV
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Per avere idea del fenomeno in argomento, bisogna avere almeno una mano libera, per contare e l’altra per tenere la fronte per mantenere la vertigine di una buona dose di coscienza.

Una mano libera per contare è più che sufficiente, poiché da quasi quattro dita di percentuale IDV è passata a quasi un dito di percentuale. Un dito di buon vino sarebbe stato meglio. Se non altro per la vertigine della coscienza che tale disarmante vicenda meriterebbe. Un dito di percentuale basta, invece, solo dinanzi alla bocca, per dire “sssss… Silenzio, almeno abbiate il coraggio di stare zitti”!

Il passaggio da, a nella politica è fattore naturale della libertà di pensiero verso le ideologie, peraltro costituzionalmente garantito. La diaspora, invece, è conseguenza di un aspetto fallimentare dell’ideologia stessa che compete piuttosto ai responsabili, al rimorso che dovrebbe corrodere la coscienza appunto dei dirigenti che non sono stati capaci di arginare tale fenomeno; magari per scelte politiche scellerate, condotte ambigue, prevaricazioni arbitrarie e quindi illegittime. Insomma sono tanti i motivi che, in così breve tempo, hanno provocato la disfatta politica dell'IDV. Resta, tuttavia, l’amaro in bocca per aver taciuto e lasciato la palla a chi ha fatto dell’incertezza la condizione della vita associativa e l’indeterminatezza delle scelte politiche conseguenti, dimostrandosi politicamente incapace nel suo stesso rione, che dico, condominio, nella sua stessa casa!

Non v’è mai stato, nella storia repubblicana di questo Paese, altro partito politico come IDV in cui il tema del Commissariamento abbia potuto trovato simile facilità di accasamento. Neppure di questo c’è da stupirsi essendo appunto IDV governata d’imperio da un Commissario d’eccellenza.

Il problema della diaspora che si è manifestato in IDV in tutti coloro che ad uno Stato di polizia, hanno preferito ed ambiscono alla realizzazione di uno Stato di diritto, si è così rivelato alla stregua di un irreversibile evento migratorio, ed è questo buon segno; almeno del pensiero cosciente e responsabile dei singoli.

Che un Leader di partito abbia ed ambisca ad un’icona di personalità è un fatto anch’esso naturale, anzi. L’antropologica storico-culturale della vita associative dall’uomo, è capace di ripercorre costantemente simili tappe fino alla notte dei tempi, ma quando dall’icona si è in grado di lanciare soltanto anatemi e scomuniche (vedi in ultimo l'Umbria, la Calabria...) emergono pure esempi di intolleranze anche gravi, ed anche questo è altrettanto naturale.

In IDV si è verificata la diaspora degli iscritti, dei consensi, dei voti senza che la Dirigenza sia stata responsabilizzata della dannosa gestione per la realizzazione dello scopo associativo nell’inutile all’ambizione del miglioramento dello Stato e collettività dei Cittadini. Anche questo, però, è naturale, dacché IDV non ha avuto mai uno scopo associativo, ma soltanto personale di uno, massimo due persone…

La diaspora ha dunque trovato senso in tutti questi malcelati comportamenti dirigenziali di cui ognuno ha dovuto sopportare il peso della propria condizione locale, in mezzo alla gente, con gli altri nell’arrogante convinzione dirigenziale di trovarsi, in fin dei conti, di fronte ad una compagine credulona, vile e melliflua.

Chi potrà dire mai ricordare o far collimare i motivi della diaspora con quelli che originariamente indussero, invece, le mani elettorali ad una percentuale aperta a quattro dita, per poi rattrappirsi in così breve tempo, lasciando addosso soltanto lo sberleffo di una compassionevole e bertoldesca avventura?

Forse nella coscienza di ognuno è già la spiegazione e la risposta intima a tanti interrogativi, per capire finalmente che cosa veramente volle il Leader quando (tanti anni fa o ieri) egli si abbandonò a questo o a quel modo di passione politica, e pronunciò questa o quella parola…

I motivi che attanagliano le riflessioni dei motivi della diaspora si coronano allora di interrogativi anche inquietanti, insopportabili sia che essi operino in un senso che nell’altro, sia che essi siano di alto o basso profilo, di concreta dedizione agli altri od egoistici, di senso del dovere o di vanità.

C’è da perdere la testa nella confusione della diaspora, come sanno e stanno tentando di fare le persone più scrupolose e motivate a non disperdere almeno l’esperienza e che, per quanto più tentano di perfezionare il loro esame di coscienza, più vedono confuso, più mirano ad esaminare la vicenda dell’egoistico altrui intento… Si, ma non troppo, perché la storia siamo noi.

Eh già! La storia siamo noi, senza rimpianti e con qualche rimorso, quello si, per non aver saputo fermare a tempo debito chi andava fermato ed ambisce ancora senza il senso alcuno della propria coscienza a voler concorrere per la confusione della politica votata all’UNIONE.

Quando a Piazza Navona Nanni Moretti bacchettò la dirigenza di centrosinistra dinanzi gli sguardi inquirenti d’ogni attonito imbarazzo di tutti i dirigenti di centro sinistra, da un lato del palco sgusciò Di Pietro che pronunciò queste parole: “non continuiamo a farci del male mostrandoci sempre disuniti (testualmente: non spariamoci ancora sulle palle)”!

Le ricordò benissimo quelle parole, non soltanto perché contraddittorie della storia umorale IDV, ma perché in quel momento ebbi un timoroso sussulto: “ecco – pensai – adesso rovina tutto”!

E’ passato poco tempo e la coscienza ha rimosso tutto. Di Pietro si è candidato alle primarie contro Prodi. Perché? Per la visibilità? Per la ricerca del consenso? Per bypassare, ancora una volta, i partiti come accadeva dentro la cornice referendaria di qualche tempo fa? Può bastare questo a fermare la diaspora – non dico delle adesioni da parte degli iscritti che non ci sono mai state – ma dei consensi? Francamente mi pare poco, se non ulteriormente di stimolo per l’incremento dei motivi della diaspora.

Motivi che partono da lontano nelle memorie, nei documenti, nei fatti particolari, nelle singole storie personali... Motivi che sono, proprio perciò, più vicini di quanto noi possiamo coscienziosamente immaginare.

Ecco, allora, che la candidatura di Di Pietro alle primarie non solo è assolutamente ridicola, ma anche giustificativa del perché non tutti se ne vanno, e del perché quando non se ne vanno, od espongono loro idee, vengono prima commissariati e poi espulsi (i migliori). Perché il partito IDV ha perso la coscienza originale, la ragione della propria essenza politica. Questa è la verità! La dirigenza IDV è e si è dimostrata sempre incapace di ogni dialogo politico, se non per il tentativo del superamento. Nel senso del non dialogo. Che avete capito, del quorum elettorale? Ma quando mai!

Mario avv Di Domenico - Presidente Movimento dei Valori